La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da un aumento della tensione muscolare cronica e diffusa.
Comporta una maggiore sensibilità al dolore ed è caratterizzata da:
- sensibilità al tatto (allodinia)
- affaticamento dei legamenti e dei tendini con conseguente sensazione di stanchezza
- disturbo del sonno
- cefalea
- nebbia cognitiva
- disturbi dell’umore e ansia
La fibromialgia spesso viene descritta come una patologia invisibile, ambigua e atipica perché le analisi cliniche e i reperti radiologici sono nella norma. E’ prevalentemente funzionale. Non è una malattia psichiatrica. È considerata una patologia dell’area reumatica atipica e il medico specialista che tradizionalmente se ne dovrebbe occupare è il reumatologo.
La diagnosi è controversa. La persona che ne soffre spesso non si sente compresa.
Oggi si pensa che sia il risultato della combinazione di fattori fisici e psicologici.
Tra i fattori ci sono: una predisposizione genetica, uno stato infiammatorio dovuto alle citochine pro infiammatorie, un funzionamento metabolico, una alterazione dei recettori del sistema nervoso centrale e periferico in particolare della dopamina e serotonina, stessi recettori coinvolti nella depressione e nell’ansia.
Una parte delle persone che soffrono di fibromialgia presenta problematiche psicologiche e psichiatriche pregresse nella storia familiare. Colpisce più le donne che gli uomini.
E’ una malattia che non è riconosciuta come patologia con esenzione.
I sintomi di questa patologia interferiscono in modo significativo nel funzionamento personale, sociale e lavorativo della persona.
Il dolore cronico provato è un dolore diffuso, pungente e penetrante. E’ un dolore che migra nel corpo. La persona sente dolore alla spalla, poi nel giro di pochissimo tempo, sente il dolore che scende verso la gamba, poi si sposta all’anca, per poi passare al cuoio capelluto.
Il dolore spesso è accompagnato da un senso di rigidità. Non è segno di maggiore gravità ma spesso una pressione anche molto leggera, provoca dolore.
L’astenia, un senso generale di affaticamento, spossatezza, stanchezza, è molto frequente. La sensazione è di avere le “pile scariche” che non si ricaricano con il sonno o il riposo. I gesti sono rallentati.
Il sonno è disturbato. Frequente è l’insonnia centrale. La fase 4 del sonno, essendo alterata, impedisce il rilassamento della muscolatura e un recupero dell’energia dopo il risveglio. Il dolore ostacola la ricerca di una posizione comoda per dormire, per cui la persona dorme male e non vede l’ora di alzarsi.
Frequente è la difficoltà nella concentrazione e nella memoria a breve termine. La persona può essere più lenta nel parlare, nel leggere, si distrae più facilmente, come se il tempo scorresse più lentamente.
Anche lo stress traumatico può avere un ruolo nella manifestazione del dolore cronico. La persona può aver vissuto eventi stressanti e/o traumatici, abusi emotivi (come essere stati oggetto di critiche, ridicolizzazioni, manipolati o ritenuti responsabili), abusi fisici, lutti, trascuratezza emotiva, situazioni di pericolo di vita, rispetto ai quali si è difesa con un blocco o un congelamento di energia che verrà scaricata nel corpo.
Il dolore può essere un modo di esprimere i propri bisogni senza doverli verbalizzare, una modalità per evitare delle situazioni temute, per negare a sè stessi una situazione desiderabile, per rimanere ipervigili e in allerta rispetto ad un pericolo vissuto che può ripresentarsi.
A seguito di queste esperienze avverse, la persona elabora pensieri negativi su di sé, rimuginii sul passato e sul futuro e uno stato di tensione nel corpo che portano ad una continua acutizzazione del dolore.
Una situazione di dolore cronico, come la fibromialgia, diventa un evento stressante di per sé.
Le caratteristiche psicologiche più comuni della persona con fibromialgia sono: il perfezionismo, l’ipercontrollo della rabbia, una bassa autostima, una tendenza all’ipocondria, una difficoltà nella regolazione emotiva, delle strategie di gestione passiva del dolore e degli eventi della vita quotidiana, una dipendenza dalle relazioni interpersonali, una tendenza al catastrofismo, una minimizzazione dell’influenza degli aspetti psicologici sui sintomi fisici.
Queste caratteristiche influenzano la qualità di vita e la gravità dei sintomi.
La persona tende a voler controllare, con il conseguente peso sulle sue spalle, non solo della sua vita, ma anche quello dei suoi familiari.
La rabbia accumulata non espressa sfocia nel pessimismo, nella mancanza di speranza e nel catastrofismo.
Frequente è il rimuginio ansioso. Vengono anticipati scenari negativi futuri che portano ad un eccessivo bisogno di controllo, ad uno stato di vigilanza e di allerta rispetto a ciò che potrebbe accadere. Il “ripasso” dello scenario negativo, di ciò che potrebbe succedere e di ciò che uno direbbe e farebbe è “utile” al prepararsi ad un eventuale verificarsi dell’evento temuto.
La paura di non riuscire a svolgere un determinato impegno, di sentirsi male, di dover chiedere aiuto ad un familiare, di sentirsi di meno degli altri porta a ipotizzare scenari negativi e quando possibile ad evitare di uscire.
Spesso la persona ricorda tutti gli episodi e gli eventi nei quali è stata male che confermano il timore che, quando compierà la stessa attività, poi il dolore si acutizzerà.
Più la persona fa una sorta di check-up del proprio corpo e concentra la sua attenzione sulle sensazioni fisiche, domandandosi se ha dolore o no, più sentirà i sintomi. Il pensiero e l’attenzione aumenta la sensibilità alla percezione del dolore.
La persona ha spesso un pensiero negativo, rimarcando tutte le attività che nel passato riusciva a fare e che adesso non riesce più a svolgere e che nel futuro, in maniera catastrofica, continuerà a non poter praticare.
La centralità che la persona assume nelle relazioni “grazie” al dolore cronico può diventare un vantaggio secondario che impedisce l’impegno a voler gestire il dolore.
Le emozioni e i pensieri più frequenti che la persona con fibromialgia prova sono:
- rabbia (la persona si domanda perché a me)
- senso di colpa (la persona si dice che dovrebbe fare di più, è colpa mia)
- paura (la persona si domanda avrò un futuro? e se peggiora?)
- tristezza (la persona rispetto al partner può pensare di non piacere più)
- vergogna (per come si è ridotta, per il giudizio degli altri)
- rassegnazione (la persona si sente impotente, non può più farci nulla)
- delusione (la persona si sarebbe aspettata un maggior supporto dal partner/familiare)
- disgusto (la persona non si piace più, si fa schifo)
- invidia (la persona pensa che l’altro/a è meglio di me)
La persona con dolore cronico si sente impotente e senza speranza a causa dei precedenti trattamenti di cura falliti e per la realtà apparentemente senza soluzione di continuità del suo dolore.
Il dolore cronico ha un impatto e comporta un cambiamento non solo sulla persona ma anche nella relazione di coppia, con i familiari e gli amici.
La critica che riceve la persona per i suoi sintomi, per i pensieri negativi e le paure non fanno altro che alimentare un clima critico, conflittuale e di mancanza di intimità.
Bibliografia
EMDR e dolore cronico M. Grant Apertamenteweb 202
I giovedì sera della PTS di Jesi, Sabrina Ciuffolotti: “FIBROMIALGIA: LA MALATTIA INVISIBILE”, 11 Aprile 2019