Il pensiero paranoide

Abbiamo un pensiero paranoide quando siamo dominati dalla sospettosità, dai timori, dalla sfiducia, dai risentimenti rispetto alle intenzioni degli altri nei nostri confronti.

I comportamenti, le motivazioni innocue degli altri le interpretiamo velocemente come una minaccia oppure rimuginiamo a lungo sulle offese passate.

Elaboriamo una sceneggiatura, una rappresentazione interna di questi pericoli sotto forma di credenze (affermazioni su di noi e sugli altri e su come va il mondo) che hanno la funzione di mantenere l’idea del pericolo e la conseguente diffidenza e ostilità.

Nel tempo, il pensiero del danno che gli altri possono mettere in atto, assume un carattere persecutorio. Gli altri li vediamo come dei persecutori dai quali ci dobbiamo difendere con pensieri sempre più persecutori.

Possiamo, ad esempio, pensare che gli altri si approfittino di noi e che ci vogliano umiliare. Per evitare che accada, ci proteggiamo mantenendo una distanza oppure siamo particolarmente litigiosi, nutrendo sempre più rancori.

Diffidiamo degli amici e dei colleghi.

Gli altri diventano degli avversari ostili, ingannevoli, sleali, subdoli che cercano di rubarci il partner, il denaro e il lavoro. Sospettiamo ingiustificatamente dell’infedeltà del nostro partner.

Abbiamo bisogno di sbarazzarci della nostra rabbia, non siamo capaci di tollerarla. Proiettiamo, trasferiamo la nostra aggressività negli altri, che diventano persone di cui abbiamo paura.

Possiamo sentirci delle vittime, senza nessuna giustificazione, vittime lamentose, con la tendenza all’auto indulgenza. Pensiamo che le nostre azioni siano molto meno gravi e significative di quelle che gli altri hanno nei nostri confronti. Con il vittimismo e con la passività dominiamo gli altri. Attuiamo un controllo punitivo sugli altri, che si sottomettono alla nostra lamentela perché si sentono colpevoli di non essere sufficientemente accudenti.

Possiamo diventare vittime che aspirano alla vendetta, quando al nostro pensiero sospettoso si associano anche dei tratti narcisistici di grandiosità. 

Da bambini, probabilmente, siamo vissuti in ambienti familiari caratterizzati da abusi fisici, comportamenti violenti (ad esempio, eravamo picchiati a scopo educativo) e trascuratezza (mancavano gesti di chiaro ed esplicito affetto e protezione). Avremmo voluto ricevere dai genitori la sicurezza che ci sarebbero sempre stati, una protezione dai pericoli ed invece abbiamo vissuto l’imprevedibilità e il terrore di ciò che ci poteva capitare.

Nelle situazioni più gravi ci siamo sentiti delle loro prede (non persone). Vedevamo il piacere nel provocarci del male.

Per adattarci alla famiglia, altrimenti non saremmo sopravvissuti e difenderci dal senso di impotenza e paura vissuti, abbiamo ben presto imitato i nostri genitori. Abbiamo anche noi espresso comportamenti di aggressività, oppositività, dominanza, superiorità al fine di sottomettere gli altri. In fondo è sempre un modo per rimanere vicini ma da una posizione di potere sulla relazione! Siamo noi che controlliamo gli altri, non corriamo più il rischio di rimanere delusi dall’aspettativa che l’altro non sia disponibile con noi. 

Gli altri sono cattivi e malvagi e sono la causa del fatto che ci hanno lasciato soli. In questo modo non entriamo in contatto con la nostra sofferenza. Sentiamo finalmente di controllare la nostra vita. 

Ci valutiamo positivamente anche se fragili, siamo attivi e non passivi.

Non vogliamo vedere la nostra paura. In realtà siamo impauriti da molte cose. Dalla diversità, dalla complessità e imprevedibilità del mondo, dalla forza che ha la collettività che abbiamo davanti a noi. La paura diventa la nostra consigliera e ci spinge a comportamenti di lotta o fuga, sia individualmente ma anche collettivamente.

Il nostro pensiero cerca correlazioni tra le cose. Eventi coincidenti diventano uno causa dell’altro. Questo pensiero ci aiuta a gestire la paura che proviamo nei confronti della incertezza e della incomprensibilità dei fatti. Ogni cosa di quello che potrebbe accadere viene così previsto, in tutte le sue varianti.

Un’altra emozione che proviamo è la vergogna ma la nascondiamo molto bene. La parte dentro di noi che si è sentita inferiore, debole, inadeguata perché i genitori ci hanno fatto sentire ridicoli e colpevoli da piccoli, viene allontanata dalla nostra mente, sentendoci superiori. 

Squalifichiamo gli altri, proiettando la nostra paura e la vergogna. Questo spostamento ci permette di recuperare un valore personale, fino a diventare dei combattenti, coloro che comprendono veramente come vanno le cose nel mondo.  

Per queste caratteristiche di superiorità che sentiamo di avere rispetto agli altri, ci percepiamo attaccati, ingannati ma anche invidiati

Ci possiamo isolare dagli altri risultando scostanti, freddi e distaccati, per fuggire e ridurre le nostre emozioni negative. L’unica cosa su cui siamo disposti a dichiarare che soffriamo è  l’ isolamento. Ma la colpa è degli altri, sono loro responsabili del nostro isolamento. 

Possiamo tacere le nostre idee perchè temiamo che vengano utilizzate contro di noi. Altre volte, le sollecitazioni sociali ci spingono a unirci con altre persone che condividono lo stesso pensiero paranoico (ci chiamano novax, suprematisti, complottisti, settari), ci riconosciamo e combattiamo da minoranza contro un mondo spietato e criminale. 

Possiamo arrivare a vivere la nostra vita come una missione, con l’obiettivo di convincere gli altri dei nostri principi moralistici di purezza e innocenza. Pur sapendo di essere una minoranza, a volte anche perdente, ci sentiamo degli eroi. Ci identifichiamo negli eroi che combattono contro un mondo maligno, che ha un piano di cospirazione globale, avallato dai governi, per soggiogare la razza umana. Quando ci riuniamo e troviamo un consenso  diventiamo una élite, la paura si trasforma in attacco e diventiamo un gruppo che con orgoglio attacca altri gruppi.

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Dottoressa Simona Di Giovanni

Dottoressa Simona Di Giovanni

Psicoterapeuta

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